Attualità e Testimonianza con d.Giampietro 03/10/20

Dal Corriere della Sera del 28 settembre 2020


LA RIVOLUZIONE della LENTEZZA

Siamo vittime del "FAI da TE" digitale, urge un cambiamento

Mondo WEB: abbiamo perso il gusto dell'attesa e scoperto quello di una velocità angosciante.
di Pierluigi Diaco

Caro direttore, viviamo tempi disumani. L’era digitale ci sta togliendo tempo, spazio, ragione e sentimento. Rincorriamo il surrogato, l’identità si è trasformata in un profilo, i nostri occhi non conoscono quasi più altri occhi, costretti tristemente a guardare gli altri e il mondo attraverso il filtro di una app. Abbiamo perso il gusto dell’attesa e scoperto quello di una velocità angosciante: siamo tutti lì, in consolle, con lo sguardo fisso su un cellulare senza anima, su un pc senza spina dorsale, su un tablet privo di personalità. 
Gli adulti si illudono di rivivere la gioventù che fu reinventandosi sul palcoscenico del web, i giovani hanno affidato ai loro pollici il compito di farli sentire rivoluzionari, i bambini li emulano affacciandosi a una vita in cui il virtuale si è sostituito al reale. Cerchiamo tutti ossessivamente l’approvazione sociale: abbiamo delegato ai like la responsabilità che prima avevano la nostra autostima e il senso critico.
Non usciamo più di casa: la spesa, il cinema, il sesso, il gioco, la vita domestica, tutto è in mano a un ordine online, al fai da te digitale, umani appassionati e abbandonati a un clic. Ci siamo talmente dimenticati di quello che siamo che preferiamo inventarci divinità terrene pur di sottrarci al mistero di Dio: al culto preferiamo il fanatismo, al perdono il disgusto, all’altare la cattedra dei social.
Uno vale uno, senza nessuna competenza, il senso di comunità svuotato dalle community e quello del piacere sostituito dal godimento del follower. Siamo tutti chirurgicamente tracciati, spiati, controllati: abbiamo barattato la nostra libertà individuale per una dose letale di successo facile e a portata di mouse.
I mondi interiori sono investigati da improvvisati consulenti collegati su Skype, la medicina tradita da guru spericolati abbonati al tè verde, la politica avvilita da se stessa sotto il diktat della democrazia diretta, la morte espugnata della sua genuina crudeltà pur di essere annunciata al mondo, perfidamente on line, come una testimonianza terrena. È tutto maledettamente spaventoso, fin troppo chiaro: l’essere umano si è arreso.
Urge una rivoluzione con a capo la lentezza. Telefoni spenti. Profili cancellati. Silenzio.


Da La Repubblica del 13 giugno 2018


ERAVAMO PERSONE ORA SIAMO SOLO DATI

di Michele Ainis

I neri d'America ridotti in schiavitù – diceva Tocqueville – non s'accorgevano della loro disgrazia: avevano assimilato i pensieri d'uno schiavo, e in genere ammiravano i propri tiranni più di quanto li odiassero.
La nostra condizione non è troppo dissimile. Guardiamo alla Silicon Valley come a un Eldorado, un paradiso tecnologico. Siamo grati ai giganti della Rete per le opportunità sempre più allettanti che ci offrono. Usiamo ogni nuova diavoleria come un giocattolo, e guai a chi ce lo toglie dalle mani.
Infine tutto questo Bengodi è gratis, non costa nulla.
Ma non è affatto un regalo, casomai uno scippo. Lo scippatore ci svuota le tasche sia quando digitiamo qualcosa su un motore di ricerca, sia quando rimaniamo inerti: basta possedere un dispositivo mobile perché ci arrivi un consiglio non richiesto, la réclame d'un ristorante che si trova proprio sul nostro itinerario, il titolo del film proiettato nel cinema che stiamo oltrepassando.
E dalle nostre tasche lo scippatore estrae di tutto, non soltanto i gusti di consumo: dati sanitari, opinioni politiche, predisposizione al rischio, inclinazioni sessuali, convinzioni religiose...

In questo tempo nuovo si materializza così il fantasma di Michel Foucault. «È il fatto di essere visto incessantemente, di poter sempre essere visto, che mantiene in soggezione l'individuo disciplinare», scriveva nel 1975 il filosofo francese. Del resto, come potremmo ribellarci?
Se lo facessimo, se negassimo il consenso alla radiografia che ci somministrano i Big Data, perderemmo l'accesso a Google, la principale fonte d'informazioni nella società contemporanea. Non potremmo usare i social network, ossia gli strumenti che ormai nutrono la nuova forma della cittadinanza, la cittadinanza digitale. Sarebbe come venire ricacciati fuori dalle mura della città, espulsi, stranieri, derelitti.
Come imbarcarci nella Nave dei folli immaginata – di nuovo – da Foucault, senza mai il permesso di ormeggiare, di mischiarci alla folla urbana. Sicché rimaniamo in città, però come merci, non come persone...

Una considerazione:

In questo tempo in cui tutto è messo in discussione forse un po' di silenzio può diventare la via  per accorgersi del continuo inganno nel quale, inconsapevolmente, ogni giorno ci muoviamo.

                                    scrivi un tuo pensiero a dongiampietro@gmail.com