Attualità e Testimonianza con d.Giampietro 10/10/20

Dal Corriere della Sera del 5 ottobre 2020


LA «TERZA VIA» del PAPA TRA LIBERISMO e POPULISMO

«Fratelli tutti» Il titolo dell’enciclica sociale, e il gesto di firmarla ad Assisi, mostrano chiaramente la radice evangelico-francescana tipica del pontificato di Bergoglio.

di Andrea Riccardi

Sabato scorso, papa Francesco è andato ad Assisi per firmare sulla tomba di San Francesco la sua seconda enciclica sociale, Fratelli tutti. Il titolo — tratto dagli scritti del santo — e il gesto mostrano la radice evangelico-francescana, tipica del pontificato di Bergoglio dall’inizio, fin dalla scelta del nome. Che vuol dire enciclica sociale? E’ un genere «nuovo» di magistero, nato nel 1891, con la Rerum novarum di Leone XIII, che pose al centro la questione sociale e spinse i cattolici a non essere passivi ma a impegnarsi in questo campo, anche in contrasto con il movimento socialista e quello liberale. 

Da tempo l’enciclica sociale è un testo rivolto non solo ai cattolici. Paolo VI, nel 1967, con la Populorum progressio, ha posto la questione sociale sull’orizzonte mondiale: i rapporti tra Nord ricco e Sud povero; papa Wojtyla, con la Centesimus annus del 1991, ha delineato una visione sociale non appiattita sul capitalismo, dopo al fine del comunismo. Infatti, fino allora, il pensiero sociale cattolico si era mosso come una terza via, tra liberismo e collettivismo.

Con l’unificazione dei mercati e delle comunicazioni, lo scenario nuovo della globalizzazione ha contraddittoriamente presentato tante frammentazioni e conflittualità. La prima enciclica sociale di Bergoglio, Laudato sì, cinque anni fa, è stata innovativa, perché tutta dedicata all’ambiente, insistendo sul fatto che «tutto è connesso». Oggi il papa lancia una proposta globale centrata sulla fraternità, vista come processo radicale con cui ricomporre la complessità delle relazioni internazionali, locali, interpersonali. Scrive: «Possiamo far rinascere tra tutti un’aspirazione alla fraternità». E’ consapevole che le visioni e i progetti di respiro sono considerati oggi superati, anzi — osserva — «un delirio». La Chiesa però non rinuncia a una visione globale della società.

Certo ci si chiede se non sia semplicistico parlare di «fraternità» e «amicizia sociale» in un mondo di alta complessità come il nostro. Ma un anno fa, l’anziano sociologo, Edgar Morin, ha scritto sulla fraternità: «fragile come la coscienza, fragile come l’amore la cui forza è tuttavia inaudita», eppure «mezzo per resistere alla crudeltà del mondo».

Il papa constata: «Malgrado si sia iperconnessi, si è verificata una frammentazione che ha reso più difficile i problemi che ci toccano tutti». La grande difficoltà, confermata dalla crisi del Covid-19, è «l’incapacità di agire insieme». L’analisi del papa è preoccupata (Le ombre di un mondo chiuso— è il titolo del primo capitolo). C’è diffusa smemoratezza riguardo alla storia con i suoi dolori. S’incrinano le unioni tra Stati, mentre si sviluppa il nazionalismo. Ma Francesco insiste: «Nessuno si salva da solo». Vale per i singoli e i gruppi umani, come per gli Stati: «Non è possibile essere locali in maniera sana senza una sincera e cordiale apertura all’universale». Pur riconoscendo il valore decisivo delle comunità locali e nazionali (spesso — nota — appiattite dai processi globali), Fratelli tutti lancia la globalizzazione della fraternità come via per ricreare legami, sanare conflitti, affermare la pace, affrontare insieme il futuro in contrasto con l’individualismo contemporaneo.

In linea con la dottrina sociale cattolica, ma con un taglio innovativo, Francesco afferma: «Il mercato non può risolvere tutto, benché a volte vogliano farci credere questo dogma di fede neoliberale». Lo considera un pensiero povero e ripetitivo, inadeguato ai problemi e alle miserie di oggi. D’altra parte segna una forte distanza dal «populismo», che elimina la vera democrazia. Affermazione interessante di un papa, sovente, accusato di un debito verso il populismo latinoamericano (oggi però un fenomeno diffuso ben oltre il Sud America).

Nella sua visione, è centrale l’idea «popolare» che, in nome della fraternità, traccia una via tra individualismo liberale e populismo: un popolo, fatto di comunità intermedie, che abbia un progetto, un sogno di crescita. Se si sente in queste parole l’eco della teologia argentina del popolo, si deve constatare la continuità con la dottrina sociale, specie con la costante ricerca di un’«utopia sociale». E’ l’espressione di una Chiesa che, di fronte a nuove realtà, non accetta passivamente il mondo qual è: sollecita cattolici e non cattolici, Stati e forze sociali a trasformarlo in una dimensione più umana.

L’enciclica è ampia e tocca tanti temi: condanna la guerra («ogni guerra lascia il mondo peggiore di come l’ha trovato»), la pena di morte, il disinteresse ai migranti e rifugiati, l’abbandono degli anziani e altro. Non manca il dialogo tra le religioni come terreno di fraternità. Ci troviamo di fronte a una summa del pensiero sociale del papa in tanti capitoli, che faranno discutere anche in un tempo, come il nostro, povero d’idee, che sono una risorsa per una Chiesa oggi piuttosto silente. La sua efficacia si giocherà sul dibattito che si aprirà. Al fondo, oltre i vari temi, risuona l’antico appello cristiano, ingenuo e sapiente: «Tutti fratelli».


L'articolo rappresenta una chiave di lettura dell'enciclica di papa Francesco. 

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